Fronte Alpino Occidentale
Home Dedica Cosa è HistoricaLab.it La guerra La simulazione Riconoscimenti Note giuridiche

 

Home
Su
Fotografie di Mentone
Il Forte Chaberton
Chenaillet

 

Il fronte italo-francese si estende per un’ampiezza di oltre 300 km, dal Monte Bianco per le Alpi occidentali, fino al mare, a Ventimiglia.

Le Alpi Occidentali rappresentano la zona più elevata, aspra ed impervia, del sistema alpino; l'altitudine media, pur decrescendo da nord a sud verso il mare, si mantiene sempre assai elevata: dai 3.000 metri delle Alpi Graie ai 2.000 metri delle Alpi Marittime.

Lungo la frontiera e, in particolare, in prossimità dei valichi alpini, la Francia poteva contare su un formidabile sistema fortificato costituito da uno schieramento continuo di opere in calcestruzzo per armi automatiche ed artiglierie, costituenti la cosiddetta "Maginot alpina", che si disponeva in profondità su più linee.

La consistenza delle truppe francesi del settore, l’Armée des Alpes (l'Armata delle Alpi) al comando del generale René-Henri Orly, non superava i 200.000 uomini e contava, oltre due divisioni di fanteria e una alpina, i battaglioni alpini da fortezza (Bataillons Alpins de Forteresse), i battaglioni Cacciatori Alpini (Bataillons Chasseurs Alpins) ed un reggimento coloniale senegalese (Tirailleurs Sénégalaises), e, nelle zone di frontiera, i S.E.S. (Sections Eclaireurs Skieurs) ovvero i plotoni esploratori sciatori ciascuno formato da 35-40 uomini reclutati in zona.

Da parte italiana erano schierati i Corpi d'armata I, IV ed Alpino, inquadrati nella 4a Armata (generale Guzzoni), e il II, III e XV Corpo d’Armata, appartenenti alla 1a Armata (generale Pintor); tutte queste unità formavano il Gruppo Armate Ovest al comando di S.A.R. il Principe ereditario Umberto di Savoia; nel complesso 12.600 ufficiali e 300.000 sottufficiali e truppa.

S.A.R. Umberto di Savoia con alcuni Ufficiali di Stato Maggiore e comandati di Grande Unità

Agli inizi di giugno del 1940 il Maresciallo Badoglio, Capo di Stato Maggiore generale, impartì ai Capi di Stato Maggiore delle tre Armi la strategia del Duce per le ostilità: "… deve essere improntata alla più stretta difensiva per terra e per aria. Occorre riservare le forze armate, specialmente esercito ed aviazione, per il futuro. Sul fronte delle Alpi Occidentali, perciò, è opportuno astenersi dal prendere iniziative".

Le ostilità venne dichiarate il 10 giugno 1940 e cominciarono effettivamente dalle ore 24 dello stesso.

I primi due giorni di guerra, 11 e 12 giugno, trascorsero senza azioni di rilievo, si ebbero solo scontri di pattuglie.

A fare sul serio iniziarono gli Inglesi. In previsione dell'entrata in guerra dell'Italia, il Comando della Royal Air Force aveva studiato un attacco aereo sulle città di Genova e Torino che venne eseguito nelle prime ore del giorno 12 e che non provocò danni agli obiettivi industriali ma vittime a Torino e feriti a Genova.

Al bombardamento prese parte una squadriglia di bombardieri di base a Londra, mentre il previsto intervento dei bombardieri di base a Marsiglia fu annullato proprio per l'intervento dei francesi che, non intendendo favorire alcuna iniziativa offensiva contro l'Italia, bloccarono al suolo velivoli e piloti britannici.

In Italia si decise che, per rappresaglia, bisognava colpire la Francia: l'aeronautica italiana intervenne per la prima volta dallo scoppio della guerra contro la Francia nella notte tra il 12 e il 13 giugno con un pesante bombardamento sulla base navale di Tolone, Bastia e Biserta. Anche questi bombardamenti produssero pochi effetti distruttivi.

La ritorsione per l'azione aerea italiana sulle basi navali francesi fu immediata. La notte del 14 giugno, infatti, dalla base di Tolone, alcune unità della flotta francese presero il mare: obiettivo Genova e Vado Ligure.

Gli incrociatori Foch e Algérie con 6 caccia attaccarono, alle 4,30 del mattino, le infrastrutture portuali di Vado Ligure, mentre gli incrociatori Dupleix e Colbert, insieme ai caccia, puntarono le proprie bocche da fuoco su Genova.

Il gruppo navale francese che aveva attaccato Vado Ligure causò con i suoi bombardamenti nove morti e numerosi feriti, ma scarsi danni agli impianti. Si allontanò senza danni in seguito all'intervento della 13a Squadriglia MAS.

Il gruppo che aveva attaccato Genova perse il cacciatorpediniere Albatros, centrato dalla difesa costiera, e fu disturbato dall’azione di una silurante italiana, la Calatafimi.

Inevitabilmente anche sul fronte di terra si accesero più frequenti combattimenti con i primi caduti.

I giorni 13 e 14 proseguirono con piccole azioni minori prodotte sempre da alcuni plotoni francesi di S.E.S. e da alcune unità alpine e di G.A.F. italiane.

Mussolini, intanto, avendo mal digerito l'attacco navale francese alle coste italiane, il giorno 15 giugno fece diramare dallo Stato Maggiore dell'Esercito l'ordine a preludio delle future azioni offensive, con cui si invitavano i Comandi d'Armata ad organizzare piccole azioni offensive in modo da impadronirsi di posizioni oltre confine per rendere più agevoli "i nostri futuri sbocchi offensivi in più grande stile".

Il 16 giugno, Mussolini ordinò a Badoglio di prepararsi a passare all'offensiva il giorno 18 su tutto il fronte alpino, ma per le proteste dei Capi militari, fu concesso un rinvio delle operazioni di dieci giorni.

Seguirono fasi concitante e convulse con scambio di ordini spesso contradditori ma, dopo l’incontro di Monaco tra Hitler e Mussolini il Duce si convinse che la guerra andava condotta con un po’ di serietà.

Il 20 giugno, il comandante del IV C.d'A., interpretando troppo largamente gli ordini, attaccò nel settore del Monginevro impegnando in prima linea quasi tutte le sue unità; la resistenza fu così tenace che a sera tutte le unità dovettero ripiegare sulle posizioni di partenza.

L'attacco italiano alla Francia dunque cominciò praticamente il 21 giugno.

Le operazioni della 1a Armata vennero rinviate al giorno 22 per cercare di completare quanto più fosse stato possibile lo schieramento offensivo; le giornate del 20 e del 21 videro dunque solamente delle azioni di pattuglie.

Alle ore 02.20 del 22 un fonogramma al Gruppo Armate Ovest ordinò alla 1a Armata l'offensiva su tutto il fronte.

Il piano operativo del XV Corpo d'Armata, schierato in prossimità del mare, prevedeva il movimento della divisione Cosseria lungo la costa, e della Modena lungo la direttrice Mont Grammondo-Castillon-Mont Ours-Peille. L'attacco della Cremona doveva seguire quello della Cosseria mentre la divisione Cacciatori delle Alpi restava in riserva. Erano inoltre previsti anche sbarchi notturni tra Mentone e Cap Martin.

La preparazione dell'artiglieria, che si protrasse dalle 9.30 alle 10.30, non fu sufficiente a neutralizzare le fortificazioni avanzate. Alle 10 la Cosseria si mise in movimento: un battaglione venne fermato dal fortino francese che presidiava il posto di frontiera di Ponte S. Luigi mentre un altro riuscì a raggiungere le prime case di Mentone. Sopraggiunsero altri reparti che però si arrestarono di fronte alle fortificazioni intorno a Castellar.

Alla stessa ora, più a nord, la Modena mosse all'attacco contro la linea fortificata francese; l’unico progresso venne realizzato sulle pendici orientali del Mont Razet; il tiro incrociato delle armi automatiche ed il potente fuoco di sbarramento proveniente dalla linea di resistenza francese, posizionata su Mont Ours, Mont Agel e Cap Martin, impedivano qualsiasi movimento. Improvvisi contrattacchi da parte di piccole unità e dei presidi delle fortificazioni creavano non pochi problemi.

Nel corso della giornata del 22 il treno armato n. 2 (4 pezzi da 120/45) appoggiò l'attacco, uscendo e rientrando dalla galleria di Capo Mortola: quando però i francesi aggiustarono il tiro sullo sbocco della galleria il treno, appena si riaffacciò, venne messo fuori combattimento.

Il 23 vide la Modena impegnata per tutta la giornata unicamente a difendere la pendice orientale del Mont Razet dai contrattacchi di piccole unità francesi appoggiate da un intenso fuoco d'artiglieria. La Cosseria riuscì ad avanzare un poco, conquistando qualche fortino ma alcuni, benché circondati, resistevano ancora, ostacolando l'avanzata della divisione. Nel corso della giornata le avanguardie della Cosseria giunsero al torrente Gorbio. Due treni armati della R. Marina (il TA 1 e il TA 5) fornirono il loro appoggio con più fortuna del precedente.

Anche per tutto il 24 la Modena rimase aggrappata al Mont Razet senza riuscire ad avanzare, sul fronte della Cosseria invece la situazione fu più fluida, caratterizzata da attacchi e contrattacchi da parte dei francesi che impiegarono anche alcuni carri armati.

La tattica delle infiltrazioni delle unità attraverso gli avamposti francesi aveva permesso dei progressi iniziali, ma ora creava delle notevoli difficoltà al flusso dei rifornimenti ed all'avanzamento delle artiglierie. Il fortino di Ponte S. Luigi in particolare modo costituiva un serio ostacolo: nonostante l'attacco in tarda serata di due gruppi di mortai da 210 e 260, questo avamposto riuscì a resistere fino all'armistizio.

Alle 1,35 del 25 cessarono i combattimenti su tutto il fronte.

Il II Corpo d'Armata del generale Bertini doveva agire a cavallo della rotabile del Colle della Maddalena (Col de Larche per i francesi): era stato progettato un attacco sulle ali della divisione alpina Cuneense (a nord) e della Pusteria (a sud), e al centro delle divisioni Acqui e Forlì. I battaglioni del Il raggruppamento alpini (settore Varaita-Po), all'estrema destra, e la Cuneense dovevano muoversi a partire dalle 9,30 del 22. Gli obiettivi iniziali erano il taglio della Val d'Ubaye da parte della Cuneense per agevolare la pressione della Forlì sull'Ubayette; la Pusteria invece doveva puntare sulla conca di Jausiers per permettere l'azione della Acqui a cavallo della rotabile del Colle della Maddalena, Era prevista dunque la conquista d'impeto dell'alta Val Ubaye e una successiva spinta lungo la rotabile fino a Barcellonette e verso le testate del fiumi Verdon, Var e Tinea.

Il 22, dopo una preparazione d’artiglieria piuttosto breve per favorire la sorpresa, circa alle 10 ebbe inizio l'attacco sull'ala destra. Mentre il II raggruppamento alpini avanzava senza incontrare resistenza, la Cuneense si arrestò contro gli avamposti francesi protetti da un'efficace fuoco di sbarramento; stessa sorte toccò alle 12 alla Forlì. Gi unici progressi vennero dunque realizzati nel settore Varaita-Po. Il movimento della Cuneense venne gravemente ostacolato, oltre che dai francesi, dalla neve che ancora copriva i valichi ed impediva il passaggio delle salmerie: solo il battaglione Saluzzo era riuscito con delle pattuglie avanzate a raggiungere il fondo valle. La divisione Ravenna ed il I raggr. alpini (settore Gessi), essendo partiti da posizioni lontane dalle fortificazioni francesi, riuscirono a penetrare più in profondità, fino a Fontan, in valle Roja.

Artiglieria con pezzi d 75/27 pronti al fuoco

Il giorno seguente, con l’entrata in azione della Pusteria, alle 4, l'attacco raggiunse la sua massima intensità senza tuttavia produrre risultati notevoli, A nord il II Raggruppamento alpini assunse il controllo della testata della Val d'Ubaye, ma più a valle alcune fortificazioni resistevano ancora, fermando la discesa dei battaglioni Saluzzo e Borgo S. Dalmazzo della Cuneense; anche il Ceva ed il Dronero subirono sorte analoga e vennero ritirati su posizioni più favorevoli, la Forlì non riuscì a superare le difese della Viraysse, mentre la Acqui eliminò solamente le posizioni più avanzate lungo l’alta Ubayette. La Pusteria avanzò faticosamente, mentre la Livorno, operando in una zona blandamente contesa dai francesi, riuscì con due battaglioni a tagliare la valle della Tinea.

Il II C. d'Armata intensificò il 24 gli sforzi nelle direzioni già intraprese.

Quando l'armistizio fermò le operazioni, il giorno seguente, il II C. d'A. non era riuscito a superare la linea degli avamposti francese.

Più a nord i quattro battaglioni del V reggimento alpini (Pinerolo, Fenestrelle, Val Pellice e Val Chisone) rinforzati da due battaglioni Camicie nere, avevano il compito di agire sulla conca di Abriés; a questo settore, denominato Germanasca-Pellice, erano state destinate anche quattro batterie alpine. L'azione doveva avere il carattere di una ricognizione in forze.

Il giorno 20 le truppe alpine si mossero su tre direttrici convergenti su Abriés: il Fenestrelle attraverso il Col d'Abriés, il Pellice per il Palavas ed il Pinerolo attraverso il Colle della Croce (Col Lacroix); il Val Chisone ed i battaglioni di camicie nere erano schierati in riserva.

Il tempo era pessimo e la visibilità limitata. Il Pinerolo venne fermato da una SES. Anche, il Fenestrelle fece un analogo incontro ma riuscii a proseguire mentre il Val Pellice ebbe un movimento più tranquillo.

Nel corso della notte vennero mutati gli obiettivi: da una ricognizione in forze si passò ad una operazione decisamente più ambiziosa, che prevedeva uno sforzo concentrico su Abriés ed una successiva puntata su Chateau Queyras e quindi verso il Col d’Izoard; questo suggerì lo spostamento in prima linea di tutta la riserva: i battaglioni di camicie nere vennero destinati a rafforzare l'azione del Fenestrelle su Abriés; il Val Chisone invece fu mandato a rafforzare l'ala sinistra.

All'alba, il Fenestrelle cominciò l'attacco; ma, essendosi imbattuto in munite posizioni difensive, ripiegò; l'avanzata del Val Pellice proseguiva lentamente a causa di un forte fuoco di sbarramento proveniente da postazioni intorno a Chateau Queyras, il Pinerolo lasciò una compagnia lungo le rive del fiume Guil e cominciò un’ulteriore manovra avvolgente su Abriés.

Nel due giorni successivi, i movimenti previsti proseguirono con molte difficoltà a causa dei continui bombardamenti, dell'accanita resistenza e dello scarso appoggio fornito dall'artiglieria. Il giorno 24 venne impiegato nel tentativo di completare l'accerchiamento di Abriés; l'attacco, previsto per il giorno seguente, venne sospeso dall’armistizio.

Nel settore del Monginevro il generale Mercalli, comandante del IV C. d'Armata, aveva interpretato, come già detto, troppo largamente l'ordine di "riprendere contatto con l'avversario" ed il giorno 20 fece avanzare la divisione Sforzesca, a cavallo della rotabile, su due colonne e la divisione Assietta contro le fortificazioni dello Chenaillet. Tale azione era motivata dal fatto che la ricognizione aveva trovato l'abitato di Montgenèvre sgombero da truppe. Ma la reazione delle opere difensive fu particolarmente accanita, soprattutto da parte dell'artiglieria; a sera le unità dovettero ripiegare sulle basi di partenza, limitandosi a lasciare pattuglie per l'osservazione.

Il giorno seguente vennero ripetuti gli stessi movimenti ma con obiettivi più limitati; la violenta risposta delle artiglierie tuttavia impedì progressi degni di nota: questa volta però reagirono con tiro di controbatteria le artiglierie divisionali ed i pezzi del forte dello Chaberton.

Questa opera, a quota 3.130 metri, contava otto pezzi da 149/35 in torretta blindata. Per sventarne il potenziale pericolo i francesi avevano posizionato una batteria di mortai Schneider da 280 mm che cominciò nel pomeriggio a colpire lo Chaberton senza poter essere individuata e, verso sera, sei torrette vennero colpite in pieno. Tuttavia, il forte continuò la sua azione con i pezzi rimasti fino alla fine delle ostilità.

Le operazioni del giorno 22 vennero aperte da un massiccio fuoco di preparazione delle artiglierie italiane. Alle 8 la divisione Sforzesca ripartì all'attacco. Questa volta l'avanzata, nonostante il persistente fuoco di sbarramento francese, fu più profonda: riuscì a superare il Bois de Praria ed a penetrare nel Bois de Sestriéres; un plotone di carabinieri, con l'appoggio di alcuni carri L della GAF, si impadronì di Montgenèvre. Sulla sinistra reparti dell'Assietta raggiunsero la Crete de Chaussard.

Fanteria all'attacco

Il 23 i combattimenti furono caratterizzati da un violento fuoco di artiglieria; i francesi dovettero sgomberare il forte di Trois Tetes mentre le truppe italiane conquistarono il forte dello Chenaillet. La guarnigione del forte Janus invece respinse un analogo tentativo di colpo di mano. A sera, l'Assietta aveva raggiunto Les Fraches e tutti gli avamposti a sud della rotabile del Monginevro erano caduti. Più modesti erano stati i progressi della Sforzesca.

Nel corso della notte si provvide a sostituire quest'ultima divisione, provata dai combattimenti, con la Legnano, giunta di rincalzo. Alle 14 del 24 il generale Mercalli dovette sospendere le operazioni a causa delle sfavorevoli condizioni meteorologiche. Quando sopraggiunse l'armistizio i battaglioni del IV Corpo d'Armata non erano avanzati che di 4 km.

Il settore del Moncenisio era stato affidato al I Corpo d'Armata del generale Vecchiarelli, che schierava in prima linea le divisioni Superga e Cagliari, cui erano affiancati cinque battaglioni alpini (Val Fassa, Val Dora, Exille, Val Cenischia e Susa); alla divisione Pinerolo spettava il compito di copertura del fianco sinistro dello schieramento, alla Brennero ed al Raggruppamento Celere quello di riserva.

Il piano di azione prevedeva un movimento offensivo su tre colonne. La prima, costituita dal battaglione alpino Susa e dal XI battaglione Camicie nere, partendo da Col Chapeau, nei pressi del Rocciamelone, doveva discendere attraverso la Valleé du Ribon fino a Bessans e quindi entrare in Val d'Arc per spingersi poi fino a Lanslebourg, ai piedi della rotabile del Moncenisio: il comando era affidato al maggiore Boccalatte.

Al centro cinque battaglioni della Cagliari dovevano passare il confine attraverso il colle del Piccolo Moncenisio e puntare su Bramans, per tagliare in due la Val d'Arc, il battaglione alpino Val Cenischia doveva appoggiare il fianco sinistro della colonna puntando ad ovest di Bramans, un battaglione del 64 reggimento doveva infine impegnare frontalmente le difese francesi del Moncenisio. Di rinforzo erano schierati due battaglioni del 231 reggimento ed il IV battaglione carristi.

Sulla sinistra, la divisione Superga ed i tre battaglioni del 3 Gruppo alpini (Val Fassa, Val Dora e Exille) dovevano puntare su più colonne verso Saint Michel de Maurienne per tentare di chiudere in una sacca tutte le truppe francesi schierate a monte lungo la Val d'Arc.

Artiglieria con cannone d 75/27 pronto ad aprire il fuoco

Le ostilità in questo settore vennero aperte alle 13 del 21, un'ora più tardi rispetto al previsto; mentre le artiglierie battevano efficacemente le postazioni a ridosso della frontiera, il maggiore Boccalatte cominciò la sua discesa nel Valleé du Ribon: in seguito si mossero anche le altre colonne. Nel tardo pomeriggio quella centrale, oltrepassato il Piccolo Moncenisio, giunse a Le Planey ed a La Viliette; lungo la rotabile del Moncenisio due compagnie della GAF ed il battaglione del 64 si erano scontrati duramente con le difese francesi: una compagnia era anche riuscita a penetrare a Lanslebourg ma era rimasta completamente isolata. La divisione Superga fu fermata dal tiro di sbarramento delle artiglierie francesi. Solo il Val Dora era riuscito a compiere una penetrazione verso Fourneaux attraverso il Col de la Pelouse, in serata si attestò nei pressi di Mont Rond.

I francesi, avvistato il movimento aggirante del maggiore Boccalatte, decisero di sgomberare Bessans e di far ripiegare tutte le truppe mobili oltre Bramans. Lungo la rotabile rimanevano attive le opere permanenti di la Petit Turra, le Revet, les Arcellins e di Cima della Nunda; quest’ultima venne conquistata durante la notte da una coraggiosa compagnia della GAF.

Le operazioni del giorno successivo vennero aperte da un bombardamento sulle postazioni francesi del Moncenisio, e soprattutto su la Petit Turra. La compagnia della GAF che nel corso della notte aveva conquistato la Cima della Nunda, guadagnandosi l'appellativo di "Lupi del Moncenisio", con un analogo colpo di mano si impadronì nel pomeriggio del moderno fortino di les Arcellins: Per tutta la giornata invece la Brennero cozzò invano contro le rimanenti opere fortificate. Se dunque tutta la zona ad est dei tornanti era sotto controllo italiano, la rotabile rimaneva ancora bloccata dalle postazioni di la Petit Turra e del Bois de Revet.

Mentre nella mattinata la colonna del maggiore Boccalatte aveva superato Bessans, il 63 reggimento della Cagliari ed il battaglione Val Cenischia riuscirono ad entrare a Bramans ed a proseguire in direzione ovest.

La Superga, invece, rimase sostanzialmente inchiodata nelle posizioni di partenza dall'artiglieria avversaria: solo il Val Dora riuscì ad avanzare ed a occupare Mont Rond, in posizione dominante su Fourneaux.

Nel corso della giornata del 23 la colonna del 63 reggimento, rinforzata dal 4° reggimento bersaglieri del Raggruppamento celere, dopo aver superato Bramans, aveva proseguito verso occidente lungo la riva sinistra dell'Arc: ed era giunto a contatto con gli avamposti della linea difensiva di Modane. Il maggiore Boccalatte era entrato a Lanslevillard.

Il giorno dopo proseguì l'avanzata del battaglione Susa e del XI battaglione Camicie nere che entrarono in Lanslebourg, presero contatto con la compagnia del 64 reggimento che vi era entrata il 21, ed in serata giunsero a Termignon. La divisione Brennero cominciò la penetrazione nella zona ad est dei tornanti della rotabile del Moncenisio; le fortificazioni di la Petit Turra e del Revet, che ancora resistevano, vennero aggirate ed isolate. La divisione Trento, rinforzata dal IV battaglione del 1 reggimento fanteria carrista del Raggruppamento celere, tentò di forzare il passo del Moncenisio, ma vennero subito fermati da un violento tiro d’artiglieria.

Carro veloce "in posa" in territorio francese sul colle del Moncenisio

Sul fronte della Superga, il III battaglione del 91 attaccò le fortificazioni sull'Arrondaz, ed il Val Dora il Pas du Roc. Nonostante la copertura fornita dalla nebbia, entrambe le azioni non ebbero successo.

Alle 1.35 anche in questo settore giunse la notizia dell'armistizio e tutte le operazioni vennero sospese.

Il Corpo d'Armata alpino della 4a Armata, sul fronte del Piccolo San Bernardo, si mosse con obiettivi dell'offensiva l'ingresso in Val d'Isère ed il possesso della rotabile per Bourg St. Maurice.

Il valico del Piccolo San Bernardo

Alle 9,30 cominciò il fuoco di preparazione delle artiglierie e, alle 10, la frontiera venne oltrepassata dalle truppe italiane: il XXXII battaglione bersaglieri motociclisti della divisione Trieste valicò il Piccolo San Bernardo e si trovò subito sotto un intenso fuoco di cannoni, proveniente dalle postazioni intorno a Bourg Saint Maurice e dal Traversette, solo la 1a compagnia riuscì a proseguire, ma fu costretta a fermarsi 2 km dopo a causa di un'interruzione della rotabile: un ponte era stato fatto saltare. Anche il battaglione Aosta venne fermato dalle armi del Traversette. Migliori progressi vennero fatti più a sud, dove il Val Cordevole e l'Ivrea, dopo aver passato il Col du Mont ed il Col de la Sachere, si erano impadroniti intorno alle 16 della località di La Motte.

Nella notte i genieri si misero al lavoro per ricostruire il ponte della rotabile, mentre le artiglierie vennero spostate in avanti per poter colpire le postazioni francesi. Il XXXII motociclisti riuscì nelle tarda mattinata del 22 a oltrepassare l'interruzione proseguendo lungo un vallone a fianco della rotabile. Il II battaglione del 65 reggimento ed il battaglione Aosta attaccarono nuovamente il Traversette, senza però riuscire ad averne completamente ragione. Più a nord il battaglione Duca degli Abruzzi, grazie ad una marcia notturna, aveva raggiunto il Col d'Enclave; il Val Baltea si trovava a les Veis des-sons. Progressi ancora maggiori, seppur sempre molto limitati, erano stati compiuti a sud della rotabile: il Vestone aveva superato il Col du Retour mentre il Val Cordevole e il Val Piave avevano costretto i francesi a sgomberare la Combe du Mont fino al fondovalle; a sera il Val Cordevole era in prossimità di Sainte-Foy e di le Viliard, mentre il Val d'Orco, giunto fino a le Miroir, aveva dovuto ripiegare. In serata i francesi decisero di sgomberare gli avamposti tranne quelli di Traversette e Seloge.

Il giorno seguente venne completata una pista che permetteva almeno ai mezzi cingolati di superare l'interruzione della rotabile del Piccolo San Bernardo; venne pertanto spedita in avanti una colonna di carri L 3 del I/33° reggimento della divisione corazzata Littorio.

Quando giunse in prossimità dei tornanti che scendono su Séez, il primo carro saltò su di una mina e la marcia venne arrestata.

Ciò nonostante per tutta la giornata continuò l'avanzata delle truppe italiane ed il conseguente ripiegamento dei francesi. Il continuo bombardamento sul forte Traversette da parte del 21° reggimento artiglieria Trieste aveva inoltre reso possibile ai genieri del XVII battaglione pontieri la costruzione di un ponte in ferro in sostituzione di quello fatto crollare dai francesi; verso sera i tornanti della rotabile erano ora sotto controllo mentre le prime pattuglie si spingevano fino alla periferia di Séez.

Il Duca degli Abruzzi frattanto aveva sostenuto duri scontri presso il Col d'Enclave ed il Col de Fours; l'Edolo invece aveva occupato Ville des Glaciers ed aveva circondato l'opera fortificata di Seloge. Il Val Baltea aveva proseguito la sua avanzata sotto pesanti bombardamenti.

Nel settore meridionale del Corpo d'Armata alpino il Vestone ed il Val d'Orco si erano avvicinati a Le Miroir, mentre l'Ivrea si trovava in vicinanza di St. Foy. Il Val Piave era giunto fino a Monal e Le Plan.

Nel giorno 24 giugno il Val Cismon, inserito in prima linea, riuscì ad entrare nelle prime case di Séez; ulteriori progressi, per quanto modesti, vennero compiuti dal Val Baltea su Bonneval.

Alle 0.30 del 25 giunse la notizia dell'armistizio, che bloccò le operazioni.

 

 

 

Bibliografia:

Edoardo Castellano - Distruggete lo Chaberton! - Edizioni il Capitello

Vincenzo Gallinari Maurizio Saporiti - Le operazioni del giugno 1940 sulle Alpi Occidentali - Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito

Alberto Turinetti di Priero - La battaglia delle Alpi - Susalibri