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La situazione militare italo-tedesca

Il piano di difesa

Le forze anglo-americane

Pantelleria

Lo sbarco

La battaglia del ponte di Primosole

La perdita dell’isola

Le operazioni di aviosbarco

 

 

La situazione militare italo-tedesca

 L'organizzazione della difesa della Sicilia, assegnata alla 6a Armata (gen. Alfredo Guzzoni), era imperniata sull'impiego di forze adibite alla difesa delle coste, dei porti e degli aeroporti e di forze mobili per la manovra; il territorio era diviso in 2 sottosettori: quello ovest (XII C.A. gen. Mario Arisio, poi dal 12 luglio gen. Francesco Zingales) e quello est (XVI C.A. gen. Carlo Rossi).

Le forze mobili italiane erano composte da 4 divisioni di fanteria (Aosta gen. Giacomo Romano, Assietta gen. Eriberto Papini, Napoli gen. Giulio Cesare Gotti Porcinari, Livorno gen. Domenico Chirieleison). Le prime 3 divisioni erano di fanteria ordinaria con l'artiglieria e carreggio a trazione animale, mentre la divisione Livorno, aveva qualche caratteristica di unità moderna: artiglieria, genio e servizi erano motorizzati, aveva 1 btg. smv. da 47/32 c/c e un btg. guastatori, disponeva soprattutto di autocarri in proprio per autotrasportare 4 dei suoi 6 btg. di fanteria.

Le forze terrestri avevano gravi deficienze nell'equipaggiamento, armamento antiquato, nell'efficienza e nel morale; organici di artiglieria ridotti nei 12 complessivi gruppi, la cui maggior parte di tipo ippotrainato o someggiato, nessun carro armato moderno solamente pochi carri armati Renault mod. 35 di preda bellica francese armati con cannone da 37 mm..

Unico reparto che poteva confrontarsi alla pari con il nemico era il 10° Raggruppamento Artiglieria Controcarro dotato di tre Gruppi Controcarro Semoventi da 90/53 CLXI, CLXII e  CLXIII.

Semovente da 90/53 in fabbrica

Le unità costiere (6 divisioni: 202ª gen. Gino Ficalbi, 206ª gen. Achille d'Havet, 207ª gen. Ottorino Schreiber, 208ª gen. Giovanni Morciani, 213ª gen. Carlo Gotti più il 136º Reggimento costiero autonomo e due brigate) possedevano una scarsa efficienza operativa, poiché costituite prevalentemente da elementi anziani dell'isola che risentivano molto dello stato morale della popolazione locale. Numerose, ma male armate, equipaggiate ed inquadrate, erano dislocate a cordone lungo tutta la costa dell’isola. Tali unità costiere avrebbero potuto assolvere i soli compiti di osservazione e di allarme e non di contrasto come invece era previsto dalla pianificazione difensiva.

Le batterie costiere erano poche e inadeguate. La difesa delle coste era integrata da tre piazze marittime (Messina, Trapani, Augusta-Siracusa) e da due difese-porto (Palermo e Catania). Le piazze militari marittime disponevano, in postazione fissa, degli unici cannoni che in tutta l'isola fossero in grado di colpire le navi al largo (calibro 305mm); la loro efficienza era però limitata al fronte a mare, mentre debole era la difesa del fronte a terra.

Opera A a Capo Santa Panagia. Questa batteria era armata con due cannoni navali Armstrong da 381/40 mm originariamente prodotti nel 1916 per le nuove corazzate di classe Caracciolo , cancellati e demoliti prima del completamento. Completata nel 1939, l' Opera A era la più potente delle sei batterie costiere che difendevano il lato verso il mare dell'Area della Fortezza Navale Augusta-Siracusa; fu anche quartier generale della 9a Legione della Milizia di Artiglieria Costiera (MILMART, Milizia Marittima di Artiglieria ), al comando del Maggiore Enzo Formelli. Il 10 luglio 1943, quando gli Alleati sbarcarono in Sicilia, l'Opera A sparò diciassette salve contro un gruppo di navi britanniche che aveva avvistato in lontananza, spingendole a ritirarsi. Non molto tempo dopo, il suo personale ricevette l'ordine di distruggere la batteria, cosa che eseguirono.

Meno buone le difese fisse degli aeroporti in funzione antiaviosbarco poiché costituite prevalentemente per ogni base aerea da 2 cp. rinforzate con mortai e da 2 btr. da 149/12.

A tali forze italiane si affiancavano le unità tedesche costituite dalla 15a Panzergrenadier Division del gen. Eberhard Rodt e dalla Divisione Hermann Göring del gen. Paul Conrath. Era stato inoltre costituito, perlopiù con reparti della Göring, un potente kampfgruppe, il gruppo Schmalz, così chiamato dal nome del suo comandante, dislocato nella Sicilia sudorientale. Vi era inoltre, aggregata alla Göring, una compagnia di carri Tiger. Questa era la 2° compagnia del 504° Schwere Panzer Abteilung ed era rimasta in Sicilia mentre il resto del reparto era stato inviato in Tunisia.

L'artiglieria controaerea invece risultava ben organizzata, e, con un forte contingente soprattutto tedesco, assicurava la protezione delle vie di rifornimento attraverso lo stretto.

In complesso, in tutta l'isola, le forze italo tedesche ammontavano a circa 200.000 uomini.

 

Il piano di difesa

La Sicilia, primo territorio nazionale esposto all’invasione alleata, presentava oltre 1.400 Km. di costa per la maggior parte adatte all'esecuzione di un'operazione anfibia. Gli alti Comandi italiani e tedeschi avevano individuato nelle piane costiere di Gela e di Catania le zone più probabili per lo sbarco.

Il gen. Guzzoni come i suoi predecessori, considerata la schiacciante superiorità avversaria, riteneva di poter, con la manovra, solo ritardare la caduta dell'isola, ma non impedirla. In tal senso strutturò il suo piano operativo mettendo in atto difese leggere sulle spiagge e facendo affidamento su ben coordinati contrattacchi da sferrare con formazioni mobili dislocate nell'entroterra in posizione centrale, pronte ad intervenire non appena la posizione e l'entità dello sbarco fossero state stabilite effettivamente dalle unità costiere. Egli, infatti, intendeva contenere la testa di sbarco con le divisioni Napoli e Livorno, le uniche 2 divisioni italiane di maggior mobilità e di potenzialità offensive, e contrattaccare il nemico, là dove le probabilità di successo fossero maggiori.

Prevalse invece il punto di vista tedesco del gen. Kesselring che prevedeva un deciso contrasto iniziale da parte delle divisioni costiere nelle zone di sbarco, un impiego dinamico delle divisioni mobili contro le teste di sbarco e l’attacco risolutivo da parte delle divisioni tedesche che dovevano ricacciare il nemico in mare.

Le forze mobili furono quindi suddivise in aliquote e dislocate immediatamente a ridosso delle divisioni costiere.

 

Le forze anglo-americane

Incaricato dello sbarco in Sicilia era il 15° Gruppo di armate agli ordini del generale britannico Harold Alexander che aveva alle sue dipendenze la 7a Armata americana agli ordini del gen. George S. Patton, e l'8a Armata inglese del gen. Bernard L. Montgomery.

L’8a Armata era composta dal XIII Corpo d'armata (gen. Miles Dempsey) con le divisioni di fanteria 50a (Northumbrian) del gen. Sidney Kirkman e 5a del gen. Horatio Berney Ficklin e dal XXX Corpo d'armata agli ordini del gen. sir Oliver Leese con le divisioni di fanteria 51a (Highland) del gen. Douglas Neil Wimberley e 1a Canadian del gen. Guy Simonds e la 231ª Brigata del gen. Robert Urquhart.

Erano inoltre a disposizione la 1ª Brigata della 1a Airborne Division al comando del magg.gen. George Hopkinson nonché tre squadroni di Royal Marines.

A disposizione per la seconda fase dell'invasione era il X Corpo d'armata composto dalla 46a e 78a Divisione di fanteria.

Il nerbo della 7a Armata del gen. Patton era costituito dal II Corpo d'armata del gen. Omar Bradley composto da due divisioni di fanteria: la 1a (Big Red One), veterana della campagna tunisina e sotto il comando del gen. Terry Allen e la 45a del gen. Troy Middleton, al battesimo del fuoco e da due battaglioni Ranger. La seconda forza d'attacco era costituita dalla 3a divisione di fanteria del gen. Lucian Truscott e un battaglione Ranger, mentre la 2a divisione corazzata del gen. Hugh Gaffey aveva funzione di riserva sulle navi d'appoggio.

Erano inoltre disponibile l'82a Airborne Division del gen. Matthew Ridgway.

 

Pantelleria

Necessaria operazione preliminare allo sbarco era l'occupazione di Pantelleria, poiché l'isola era un aeroporto militare e un importante centro di osservazione proprio al centro del canale di Sicilia.

La guarnigione dell'isola era formata da circa 11.000 soldati e 420 ufficiali, con 75 cannoni antiaerei da 76 mm, 8 da 152 mm, 8 da 120 mm, 18 mitragliere da 20 mm e 500 mitragliatrici Breda da 8 mm. Gli aerei erano al sicuro dentro hangar con struttura in cemento armato ricoperto da terra e materiali lapidei.

Tra il 6 e il 10 giugno l'isola fu sottoposta a un bombardamento aereo incessante: nella sola giornata del 10 giugno furono scaricate sull'isola oltre 1.500 tonnellate di bombe. Tuttavia i danni provocati non furono particolarmente gravi: i centri abitati furono rasi al suolo, ma le vittime furono solo 40 e non tutte le installazioni militari furono distrutte. L'11 giugno, non appena le prime navi nemiche apparvero davanti alle spiagge, la guarnigione capitolò. Le isole di Lampedusa e Linosa si arresero rispettivamente il 12 e il 13 giugno.

 

 

Lo sbarco

Nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1943 oltre 2.500 imbarcazioni di ogni tipo, scortate da unità da guerra inglesi e americane, trasportarono verso le coste siciliane 160.000 uomini, 14.000 automezzi, 1.800 pezzi d'artiglieria e 600 carri armati per quella che sarebbe stata una delle più grandi operazioni combinate della seconda guerra mondiale. Un forte vento si alzò nel pomeriggio del 9 luglio, rendendo la navigazione molto difficoltosa.

I paracadutisti avevano cominciato ad atterrare intorno alle 23,30 del 9 luglio, ed entro mezzanotte Guzzoni era pienamente informato della loro presenza. Non era una sorpresa perché la ricognizione aerea aveva già avvistato l'enorme convoglio alleato in movimento, e Guzzoni aveva ordinato lo stato di allerta alle 2200 del 9 luglio. In base alle informazioni sugli aviosbarchi, Guzzoni confermò la propria convinzione che lo sbarco sarebbe stato effettuato nella zona sudorientale dell'isola, e diramò ordini per prevenire lo sbarco già alle 0145 del 10 luglio.

 Nel settore della 7a Armata americana le truppe destinate a sbarcare nella fase d' assalto erano ripartire in tre task forces:

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Joss Force (3ª Divisione, 3° battaglione Ranger, gruppi di carri della 2ª Divisione corazzata), concentrata principalmente a Biserta; doveva sbarcare a Licata;

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Shark Force al comando del gen. Bradley composta da:

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Dime Force (1ª Divisione fanteria del generale Lucas e 1° e 4° battaglione Ranger), concentrata principalmente ad Algeri; doveva sbarcare a Gela;

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Cent Force (45ª Divisione fanteria, 753° btg.corazzato), concentrata principalmente a Orano; doveva sbarcare a Scoglitti;

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Wolf Force (504° e 505° rgt. Parcadutisti dell'82a Airborne Division) doveva essere lanciata sull'aeroporto di Ponte Olivo.

Lo sbarco ebbe inizio alle ore 0245 del 10 luglio.

La Joss Force prese terra presso Licata; la superiorità alleata sommerse le postazioni avanzate della difesa della 207a divisione costiera e travolse la reazione dei rincalzi. L'intensa azione di fuoco aeronavale rallentò il movimento delle riserve. Le forze d'assalto nemiche presero 3.000 prigionieri ed alle ore 1200 conquistarono Licata. Lo stato del mare impedì lo sbarco degli automezzi; il comando del XII C.A. italiano, sorpreso di vedere sbarcare il nemico a Licata, improvvisava un'azione di contrasto sulla direzione di invasione riuscendo ad arrestare l'avanzata a Campobello e Camastra con i resti della 207a divisione costiera e il 10° reggimento Bersaglieri del ten.col. Pio Storti.

Purtroppo la mancanza di automezzi obbligava a male impiegare le unità, per cui l'avversario ebbe tempo di consolidarsi e ricevere rinforzi e rifornimenti.

A Gela sbarcò la Dime Force il cui obiettivo principale era l'aeroporto di Ponte Olivo. La reazione difensiva in questo settore fu immediata e violenta per la presenza in zona di G. U. dotate di alta operatività. Dopo un'efficace azione di contenimento per tutto il giorno 10 sostenuta dalle truppe del gruppo mobile Niscemi all'alba delI’11 luglio le due G. U. (Livorno e H. Göring) sferrarono un violento contrattacco (la Livorno perse nel solo contrattacco su Gela dell'11-12 luglio 214 ufficiali e circa 7.000 tra sottufficiali e truppa sugli 11.400 elementi dell'organico, a dimostrazione dell'eroismo con cui si batté). Inizialmente entrambe le unità, finché si trovarono fuori tiro delle potenti artiglierie navali americane, fecero eccellenti progressi e nel giro di poche ore giunsero a breve distanza dalla spiaggia, tanto da far determinare tra gli Americani un diffuso panico che sfociò nel preallarme di reimbarco.

Fanti della Livorno all'attacco (fonte Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito (S.M.E.))

Ma il massiccio fuoco d'appoggio navale, in particolare i pezzi da 152 mm dell'incrociatore statunitense Savannah e del suo gemello Boise, preciso e distruttivo, si rivelò determinante. La divisione Livorno subì perdite pesantissime mentre la H. Göring perse circa un terzo dei suoi carri.

Sulle alture a sud-est di Gela, presso Case Biazzo, il col. Gavin, con un insieme improvvisato ed eterogeneo di paracadutisti e soldati della 45a divisione, riuscì a respingere un assalto effettuato da una colonna mista di fanteria italo-tedesca rinforzata da una compagnia di carri Tiger.

La Cent Force, sbarcata a Scoglitti non incontrò resistenza allo sbarco tranne che per alcuni attacchi aerei. Gli obiettivi principali di tale forza da sbarco, aeroporto di Comiso e di Biscari, vennero acquisiti l'11 ed il 14 luglio.

Reparto di R35 schierato per la rivista

Nel settore dell'8a Armata britannica, le unità sbarcarono anche esse alle 0245 del 10 luglio sulla costa sud orientale da Capo Passero, all'estremità sudorientale dell'isola, al golfo di Noto, vicino Siracusa; il XXX C.A. sbarcò tra Punta Castellazzo a Marzamemi con 13 btg. più due di commandos in primo scaglione e con 8 btg. in secondo, su spiagge difese da 1 btg. e mezzo della 206a divisione costiera comandata dal gen. D'Havet. Il XlII C.A. sbarcò con 9 btg. in primo scaglione e 9 in secondo su spiagge difese da 1 btg. e mezzo della 206a divisione costiera. La reazione difensiva fu comunque lenta e inadeguata e ciò fu dovuto principalmente allo sparpagliamento della divisione Napoli in piccoli distaccamenti appiedati e distanti tra loro.

Entro la fine del primo giorno i britannici erano saldamente a terra e ben avviati verso Augusta, essendo riusciti a entrare a Siracusa senza seria resistenza, in quanto il personale delle batterie costiere procedette all'autodistruzione delle artiglierie e quindi alla resa.

In definitiva a soli 2 giorni dallo sbarco, la tattica di Kesselring si era rivelata fallimentare ed il gen. Guzzoni non disponeva più di truppe in grado di ricucire le smagliature della difesa. Pertanto decise di raccogliere le divisioni italiane e tedesche su una linea di estensione ridotta, in base alle reali possibilità, sulla quale resistere ad oltranza ed arrestare contemporaneamente l'avanzata britannica verso Catania. Infatti erano ormai state impegnate tutte le forze mobili ed era inevitabile che le divisioni anglo-americane dilagassero nell'isola, facendo crollare la difesa. Per evitarlo, nella notte dall'11 al 12 luglio, fu, quindi, ordinato l'arretramento delle forze mobili su una linea più ristretta, da Santo Stefano di Camastra, sul Tirreno, per Nicosia e Leonforte alla piana di Catania fino al mare. Il movimento retrogrado, combinato con la ritirata dalla zona occidentale della Sicilia delle divisioni Aosta e Assietta del XII corpo d 'armata, si svolse fra il 12 e il 21 luglio.

 

 

La battaglia del ponte di Primosole

Il punto chiave per l'avanzata su Catania era costituito dal ponte di Primosole sul fiume Simeto. Per conquistarlo, gli inglesi pensarono di impiegare 1.900 uomini della 1a brigata della 1a divisione paracadutisti. All'imbrunire del 13 luglio 1943, 126 bimotori Dakota e 19 Albermarle partirono dalla Tunisia per trasportare l'unità sull'obiettivo. Il fuoco amico abbatté 14 aerei e ne costrinse 26 a tornare indietro a pieno carico. I rimanenti si dispersero e così i paracadutisti inglesi atterrarono sparpagliati fino a più di 30 chilometri dal loro obiettivo. Ciononostante, un piccolo gruppo riuscì a conquistare il ponte alle 0215 del 14 luglio 1943.

La sera stessa del 14, però, il 3° battaglione del genio della 1a divisione paracadutisti tedesca venne aviolanciato in zona e nel corso della notte, con il decisivo concorso di alcune camionette del 2° battaglione Arditi, il ponte venne riconquistato, in uno dei rari scontri combattuti esclusivamente tra truppe paracadutiste nel corso della guerra.

Il ponte di Primosole

Per tre giorni infuriò una battaglia feroce, con sanguinosi scontri corpo a corpo, a cui parteciparono anche il 4° reggimento paracadutisti insieme al reparto trasmissioni della divisione. Da parte inglese il compito di attaccare le posizioni del ponte fu affidato alla 15a brigata della 50a divisione. L'attacco decisivo incominciò all'una di notte del 17 luglio 1943. Il ponte fu ripreso, ma non appena si tentò di avanzare verso nord, i tedeschi contesero ogni metro di terreno. Poco dopo l'alba i tedeschi lanciarono un contrattacco appoggiato da alcuni carri armati, fermato dal superiore fuoco dell'artiglieria britannica.

La battaglia infuriò per tutta la giornata e in alcuni punti fu ripresa la lotta corpo a corpo. Alla fine il campo di battaglia era ricoperto di morti, morenti e feriti gravi, al punto che fu concordato un cessate il fuoco temporaneo per raccogliere i feriti e seppellire i cadaveri. Quando giunse la sera, i tedeschi si resero conto che ogni ulteriore tentativo di mantenere la posizione sarebbe stato del tutto inutile: dopo aver inutilmente tentato di far saltare il ponte utilizzando camion carichi di esplosivo, i superstiti si ritirarono verso nord.

Gli inglesi rimasero quindi padroni del ponte, ma le perdite erano state gravi, e l'inattesa resistenza aveva ritardato la loro tabella di marcia, costringendo Montgomery a cambiare piano, anche perché la resistenza aveva ripreso a essere tenace sulle posizioni a nord del ponte.

 

 

La perdita dell’isola

 Intanto la situazione delle forze italiane in Sicilia era ulteriormente peggiorata. Le perdite subite, anche per il crescendo impressionante delle diserzioni, avevano indotto il gen. Guzzoni a sciogliere il XVI Corpo: il Comando assunse la responsabilità della difesa costiera sullo stretto di Messina ed i resti della Livorno e della Napoli furono assorbiti dal XIV Panzerkorps.

Per riprendere l'offensiva, l'8a Armata attese di avere in rinforzo la 78a divisione; frattanto la 7a Armata americana, che aveva raggiunto Palermo, in conseguenza della ritirata delle divisioni dalla parte occidentale dell'isola, avanzava contro il fronte Santo Stefano-Nicosia avendo ricevuto anch'essa in rinforzo la 9a divisione.

Montgomery era inchiodato dal 17 luglio nella piana di Catania e lungo la costa non era possibile passare. Attorno a tre centri, Adrano, Centuripe, Regalbuto si combattè per altri 10 giorni inutilmente. Solo il 6 agosto gli inglesi riuscirono a passare, quando da poche ore erano arrivati a Catania.

La caduta di Palermo segnò l'inizio di una nuova fase della campagna. Il 23 luglio Alexander ordinò a Patton di dirigersi a oriente in direzione di Messina. L'avanzata di Montgomery era stata rallentata ed era ora evidente che l'Ottava Armata non era in grado di arrivare a Messina con le sue sole forze. Quindi Alexander cambiò ancora le competenze delle due Armate, assegnando a Patton il compito di arrivare a Messina da ovest, mentre Montgomery avrebbe continuato a premere da sud.

Le vicende politiche del 25 luglio ebbero un peso determinante sull'andamento delle operazioni ancora in corso e delle relazioni italo-tedesche, infatti, dopo la scomparsa di Mussolini dalla scena politica, il gen. Hube chiese insistentemente il comando dell'intero fronte a terra.

Il 31 luglio Guzzoni gli comunicò l'autorizzazione ricevuta dallo Stato Maggiore dell'Esercito e dispose il trasferimento in Calabria del Comando XII Corpo, dei Comandi delle D.f. Aosta e Assietta.

A partire dal 27 luglio i Tedeschi, che fino ad allora non avevano mai ripiegato se non costrettivi dal nemico, cominciarono a farlo anche quando non erano premuti, addirittura anche quando il nemico era ancora lontano. Ciò costrinse spesso a ripiegare prematuramente anche le contigue unità italiane.

Il 1° agosto, I'8a Armata britannica sferrò una nuova offensiva e la 7a Armata americana continuò ad attaccare lungo la direttrice di Troina, agevolata da una schiacciante superiorità terrestre e dal dominio assoluto del cielo e del mare.

La battaglia per la conquista di questo grosso borgo di montagna si rivelò però la più dura sostenuta dalla 1a divisione oltre che una delle più difficili dell'intera campagna siciliana.

Troina era uno dei principali capisaldi della linea difensiva tedesca ed era difesa dalla 15a Panzergrenadier Division e da elementi della divisione Assietta. Le due unità erano ben trincerate sulle colline che dominavano gli approcci alla città ed erano assai difficili da aggirare. Il terreno offriva pochi appigli all'attaccante, che costituiva quindi un facile bersaglio per i nemici schierati su posizioni dominanti.

La battaglia per Troina cominciò il 31 luglio, allorché i tedeschi respinsero il 39° reggimento fanteria americano della 9a divisione, temporaneamente aggregato alla 1a. Lo scacco indusse i generali Bradley e Allen a preparare un attacco in massa. Per i successivi sei giorni gli uomini della 1a divisione, insieme a elementi della 9 a divisione, 165 tra obici da 105 e 155 mm e cannoni Long Tom da 155 mm, e un potente appoggio aereo, furono impegnati in combattimento contro i tenaci difensori di Troina. Il controllo delle posizioni dominanti passò più volte da una parte all'altra in una serie di durissimi scontri, durante i quali gli italo-tedeschi lanciarono non meno di 24 contrattacchi nell'arco della settimana di combattimenti. I tedeschi, infine, evacuarono Troina, non visti, nella notte fra il 5 e il 6 agosto. A mezzogiorno le prime truppe americane entravano nella cittadina distrutta e quasi senza abitanti, dei 12.000 che aveva prima della battaglia.

Le unità italiane e tedesche continuarono a contrastare l'avanzata ed a ripiegare, essendo ormai stata decisa la rinuncia a difendere ad oltranza la Sicilia e stabilito il passaggio ad una manovra in ritirata fino alla zona di Messina, da dove imbarcare il recuperabile.

Il 9 agosto, dunque, lo Stato Maggiore dell'Esercito dispose che il Comando 6a Armata si portasse in Calabria ed estendesse la sua azione di comando sino alla strozzatura in corrispondenza del golfo di S. Eufemia. A dispetto della soverchiante superiorità di forze alleate, il movimento retrogrado del XIV corpo tedesco su posizioni successive riuscì non soltanto a svolgersi regolarmente, ma a consentire il recupero dalla Sicilia, fra il 3 ed il 16 agosto, di 62.000 italiani con una cinquantina di pezzi da campagna e controcarri e 300 automezzi.

L'operazione di traghettamento delle truppe tedesche attraverso lo stretto, in codice Lehrgang, doveva avere inizio l'11 agosto.

L’8 agosto, Kesselring, di sua iniziativa e senza attendere l’assenso di Hitler e di OKW, ordinò a Hube di iniziare l’evacuazione delle forze tedesche dalla Sicilia. L’operazione era stata pianificata e preparata a lungo. Baade, comandante delle operazioni nello stretto, aveva ammassato circa 500 cannoni di ogni calibro, incluse 4 batterie di 280 mm di cannoni costieri, due di 170 mm ed alcune tedesche di 88 mm e italiane di 90 mm a doppia funzione. Un ufficiale navale, Capitano di Fregata barone Gustav von Liebenstein era stato nominato capo dei trasporti, responsabile della traversata. Von Liebenstein non aveva fiducia dei normali servizi di traghetto italiani. Per cui egli organizzò una flotta propria di 7 Marine-Fahrprahme (chiatte di 80 tonnellate, con rampe d’accesso ognuna in grado di trasportare 3 tanks o 5 camion), 10 L-Boote (pontoni landing boats che possono contenere 2 camion), 11 Siebel-ferries (a doppia entrata, costruiti per portare 10 camion, 60 tonnellate di rifornimenti o 250 uomini) e 76 piccole imbarcazioni.

Il 1 agosto, von Liebenstein cominciò alcune evacuazioni preliminari di prova. 5 linee di resistenza convergenti su Messina avrebbero concesso il tempo necessario per l’imbarco. Durante ogni notte, circa 8.000-10.000 uomini dovevano essere lasciati andare dalle 3 divisioni per dirigersi verso le barche. Per prima sarebbe andata la 15a Panzergrenadier, seguita dalla H. Göring ed infine la 29° Panzergrenadier. Quando arrivò l’ordine di Kesselring, Hube fissò il 10 agosto come X-Tag giorno X o giorno O. L’attraversamento iniziò come previsto. All’inizio i traghetti operarono solo dopo il buio. Il 13 agosto, dopo che von Liebenstein aveva visto che le operazioni di quella notte erano non solo difficili, ma anche meno efficienti, e contrariamente alle aspettative, anche maggiormente ostacolate dagli attacchi aerei nemici di quelle diurne, egli ordinò che i traghetti continuassero anche durante il giorno.

Fu una operazione sistematica, ordinata e riuscita al di là delle più ottimistiche previsioni, oltre che portata a termine entro i tempi prestabiliti. Si trattò di 40.000 uomini con 10.000 automezzi, 17 carri, 94 pezzi di artiglieria e 18.000 tonnellate di materiale bellico, nonché di quasi tutti i traghetti e mezzi da sbarco.

Guzzoni volle manifestare al gen. Hube il suo riconoscimento per l'alta capacità operativa messa in luce dalle unità germaniche, ed altresì la sua gratitudine per il generoso concorso dato all'evacuazione dei reparti italiani. Tale successo difensivo fu possibile sia grazie alla mancanza di un piano di interdizione da parte degli Alleati a cui mancò l' audacia per tentare, in concomitanza dello sbarco in Sicilia, uno sbarco anche in Calabria al fine di tagliare la via della ritirata alle truppe dell'Asse, sia anche alla maestria delle forze italo-tedesche nello sfruttamento degli ostacoli e del terreno che bloccarono, nonostante la grave inferiorità numerica e di equipaggiamenti , l'avanzata alleata in numerose occasioni.

 

 

Le operazioni di aviosbarco

Durante la campagna di Sicilia ebbero luogo diverse operazioni di aviosbarco coordinate con l'azione delle forze terrestri; le prime furono condotte nella notte del 10 luglio ed avevano lo scopo di agevolare la presa di terra ed il successivo ampliamento delle teste di sbarco.

Il comandante dell'8a Armata decise di conquistare preventivamente il Ponte Grande sull'Anapo, che costituiva la via di accesso da sud per Siracusa, affidando il compito a forze pari a circa 3 btg. trasportati su alianti, che dovevano essere sganciati alla foce del fiume stesso. Il comandante della 7a Armata aveva, invece, deciso di impiegare un rgt. paracadutisti dell'82a divisione aviotrasportata per occupare preventivamente alcune posizioni sulle alture attorno a Gela allo scopo di ostacolare l'immissione di truppe nemiche nella testa di sbarco ed agevolare l'avanzata verso l’aeroporto di Ponte Olivo.

Il vento e l'oscurità, oltre all'inesperienza dei piloti, ostacolarono ancora di più le operazioni delle truppe aviotrasportate.

Dei 144 alianti che trasportavano i paracadutisti inglesi nelle zone stabilite nei pressi di Siracusa, soltanto 12 raggiunsero l'obiettivo, mentre 69 precipitarono in mare e il resto si disperse un po' dovunque.

Aliante Waco caduto in mare (fonte www_operation-ladbroke_com)

In sostanza solo 8 ufficiali e 65 uomini raggiunsero l'obiettivo di Ponte Grande.

Nel settore americano, i paracadutisti al comando del col. James M. Gavin si ritrovarono sparpagliati su un'area ancora più vasta. Su 4 btg. lanciati, solo 1 prese terra in maniera ordinata a ben 40 Km. dall'obiettivo; i rimanenti si dispersero lungo un tratto di 100 Km. su tutta l'estensione del settore di sbarco.

Paracadutisti dell'82a si apprestano a salire sugli aerei

Nonostante tutto ciò, le azioni di aviosbarco produssero buoni risultati perché nell'oscurità, attaccarono tutte le posizioni nemiche che incontrarono producendo allarme, disorganizzazione ed ostacolando così l'afflusso delle riserve.