Cavalleria polacca
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Nel tardo pomeriggio del 1° settembre 1939, il 18° Reggimento Uhlan della Brigata di Cavalleria della Pomerania (Pomorska Brygada Kawalerii) stava mantenendo la sua posizione lungo la frontiera nord-occidentale della Polonia quando arrivarono gli ordini di attaccare il fianco della 20a Divisione di Fanteria Motorizzata tedesca in avanzata. Senza perdere tempo, il comandante del reggimento, il colonnello Kazimierz Mastalerz, ordinò ai suoi squadroni di montare a cavallo e partire per compiere la sua missione. Verso le 1900, gli esploratori avvistarono una colonna di fanteria tedesca mal esposta in una radura della foresta nei pressi di Krojanty, preda perfetta per una carica di sciabola. Spronando i cavalli in avanti, i polacchi irruppero dai boschi con le sciabole sguainate e dispersero rapidamente la fanteria nemica. Non c'era tempo per festeggiare, perché i loro cavalli avevano appena ripreso fiato quando dei carri armati tedeschi arrivarono sulla scena e aprirono una devastante grandinata di fuoco con le mitragliatrici e i cannoni automatici. Venti soldati, compreso Mastalerz, furono uccisi prima che i cavalieri potessero voltare le loro cavalcature e fuggire. Il giorno successivo, i corrispondenti di guerra furono portati sul posto e dissero che la cavalleria polacca aveva caricato i carri armati tedeschi.

Fu in questo modo che nacque uno dei miti della seconda guerra mondiale.

L'idea che la cavalleria polacca abbia caricato i veicoli corazzati tedeschi con un'ingenuità simile a Don Chisciotte continua ad essere citata.

In verità, mentre gli strateghi polacchi nel 1939 possono aver sopravvalutato il valore della loro cavalleria, hanno debitamente riconosciuto la sua crescente obsolescenza nella guerra moderna e cercarono di adattare di conseguenza le sue tattiche e gli armamenti. Contrariamente alla credenza popolare, il cavaliere polacco all'alba della seconda guerra mondiale non era un anacronistico soldato armato di lancia così raffigurato dalla propaganda tedesca, ma un fante mobile d'élite ben addestrato e altamente motivato.

Un esame dei combattimenti della cavalleria durante l'invasione della Polonia del 1939, dimostra che, se schierato correttamente e adeguatamente supportato, il cavaliere polacco era una forza da non sottovalutare, anche di fronte a difficoltà insormontabili .

Dai leggendari ussari alati di re Giovanni III Sobieski ai famosi lancieri polacchi della guardia imperiale di Napoleone, la cavalleria ha sempre svolto un ruolo determinante negli annali della storia militare polacca, non ultima la respinta degli invasori bolscevichi durante la guerra russo-polacca del 1919-1921. In quel conflitto, entrambe le parti facevano affidamento quasi esclusivamente sulla cavalleria per ricognizione, manovrabilità e trasporto. Sebbene fossero già impiegati i veicoli blindati, i frequenti guasti e la mancanza di benzina ne limitavano l'efficacia.

Fu invece la cavalleria a rivelarsi il fattore decisivo in molti degli scontri più decisivi e celebrati della guerra. In grandi scontri come la battaglia di Komaròw nel 1920, ampiamente ricordata come la più grande battaglia di cavalleria dai tempi delle guerre napoleoniche, ulani polacchi e cosacchi sovietici duellarono con spada e lancia mentre bombe, proiettili e aerei sfrecciavano sopra di loro. Alla fine, la 1a armata di cavalleria sovietica del maresciallo Semyon Budyonny non si dimostrò all'altezza dello slancio dei cavalieri polacchi a cui, nell'immaginario popolare di una nazione riconoscente, veniva ampiamente attribuito il merito di aver riportato la Polonia sulla mappa dell'Europa.

Quindi, mentre la cavalleria finiva la guerra incoronata di allori che confermavano un'errata fiducia nel valore del cavallo e del cavaliere, le unità corazzate si erano guadagnate una duratura reputazione di inaffidabilità. Nella guerra contro i bolscevichi, l'ingegno e l'improvvisazione avevano consentito alla cavalleria di svolgere un ruolo cruciale insieme alla tecnologia moderna.

Da non sottovalutare inoltre il fatto che lungo i confini orientali, dove la comunicazione era gravemente ostacolata da fitte foreste e vaste zone umide, la cavalleria era praticamente l'unico modo per mantenere l'ordine e pattugliare il territorio contro la minaccia sempre presente di un'invasione sovietica. Vale anche la pena considerare l'influenza dell'anziano maresciallo Jozef Pilsudski, fondatore e padre dell'esercito polacco. Una riforma concertata era impossibile senza il suo consenso, che divenne più difficile da ottenere con il peggioramento della sua salute e il ritiro dalla vita pubblica.

Inoltre, per un paese disperatamente povero, con una base industriale debole e una rete ferroviaria e stradale scadente, i quattro milioni di cavalli della Polonia erano gli unici in grado di fornire ragionevolmente una discreta mobilità all'esercito. Sebbene la Polonia dedicasse all'esercito quasi un terzo del suo prodotto nazionale lordo, la spesa per la difesa durante gli anni dal 1935 al 1939 ammonterà solo ad un trentesimo di quella della Germania. Ancora, nel 1937, in tutta la Polonia vi erano solo 6.000 camion a cui l'esercito poteva attingere per il trasporto. Di conseguenza, l'esercito, a corto di soldi, era costretto a adottare quella che uno storico polacco descrisse senza mezzi termini come una "dottrina della povertà", nel senso che era costantemente costretto a cercare modi per improvvisare metodi moderni con mezzi obsoleti.

La dipendenza dalla cavalleria per svolgere il ruolo delle moderne unità meccanizzate è l'esemplificazione di questa "dottrina". Nelle sue memorie, il tenente colonnello Klemens Rudnicki, che comandò il 9° Reggimento Uhlan della Piccola Polonia (9 Pulk Ulanow Malopolskich) scrisse: “Le possibilità materiali e industriali in Polonia precludevano ogni speranza per un rapido cambiamento di armamento."

Ciò non vuol dire che l'esercito polacco ed i suoi reggimenti di cavalleria fossero rimasti totalmente invariati tra la guerra russo-polacca e la seconda guerra mondiale. Per tutti gli anni '20 e '30, una serie di nuove direttive tattiche, insieme a profondi cambiamenti nell'armamento, trasformarono la cavalleria in una fanteria mobile altamente versatile che evitava le cariche spericolate a favore dell'ingaggio smontato. In effetti, la carica di Mastalerz a Krojanty fu l'eccezione piuttosto che la regola poiché la maggior parte delle azioni di cavalleria durante la campagna di settembre furono combattute a piedi. Durante questo periodo la lancia, da tempo fuori uso se non nelle parate, fu ufficialmente abbandonata come arma e nel 1933 la cavalleria iniziò a ricevere istruzioni specifiche sulla difesa anticarro.

Le riforme furono accelerate dopo la morte di Pilsudski nel 1935; a quel punto sia l'esercito tedesco che quello sovietico si stavano meccanizzando a un ritmo che la Polonia non poteva sperare di eguagliare. Una commissione appositamente formata stabilì che le forze armate del paese erano al livello militare della prima guerra mondiale e raccomandò, tra le altre misure, la meccanizzazione di quattro brigate di cavalleria entro il 1942.

Nel frattempo, una "Direttiva sul combattimento tra cavalleria e unità corazzate" del 1937 fu emessa per istruire ulteriormente la cavalleria sulle dottrine della difesa anticarro. La direttiva verteva sull'uso di terreni accidentati per tendere imboscate e sull’impiego di moderni metodi di distruzione di carri armati come cannoni anticarro, munizioni anticarro per fucili e mitragliatrici e supporto di artiglieria. Sebbene i polacchi riconoscessero chiaramente che i carri armati erano un elemento fisso sui moderni campi di battaglia, come molti strateghi occidentali credevano che le unità corazzate avrebbero principalmente svolto un ruolo di supporto alla fanteria e ne sottovalutavano pericolosamente la velocità, la forza e la manovrabilità. Questa sottovalutazione si manifestò durante un'esercitazione sul campo del 1937 che coinvolse la Brigata di Cavalleria Nowogrodzka. Il suo comandante, il generale di Brigata Władysław Anders, futuro comandante del II Corpo d'Armata polacco in Italia, notò l'impreparazione dei suoi cavalieri di fronte ai carri armati. Le sue preoccupazioni si sarebbero dimostrate pienamente giustificate nel corso degli eventi.

Il risultato di queste riforme fu che nel 1939 la cavalleria polacca era una miscela eclettica di vecchia e nuova tradizione, tattica e armamento. Le sue 11 brigate costituite da 37 reggimenti, per un totale di 70.000 uomini, costituivano il 10% della forza totale dell'esercito ed erano considerate l'élite dell'esercito polacco. Ogni brigata, la più forte delle quali contava poco più di 7.000 uomini, conteneva da tre (7 brigate) a quattro reggimenti (4 brigate), ciascuno ulteriormente suddiviso in quattro squadroni di 120 uomini ciascuno, a sua volta suddiviso in tre compagnie.

Sebbene all'inizio della guerra solo una brigata fosse stata completamente meccanizzata, alle restanti 10 furono assegnate a ciascuna uno squadrone di 13 carri armati TKS e sette autoblinde modello 1934, entrambe armate di mitragliatrici. Ogni brigata ricevette anche un complemento di un massimo di 78 fuciloni anticarro Maroszek wz. 35 con nome in codice kb Urugwaj (anche abbreviato in kb Ur) da 7,92 mm e 18 cannoni anticarro, i migliori dei quali erano i Bofors da 37 mm: il primo era un segreto nazionale gelosamente custodito che sparava un innovativo proiettile con nucleo in piombo incamiciato in acciaio tale da non perforare la corazza ma piegarla in modo che all’interno si staccassero frammenti e schegge che colpivano apparecchiature ed equipaggio; il secondo era uno dei migliori cannoni anticarro dell’epoca, in grado di mettere fuori combattimento la maggior parte dei carri armati tedeschi contemporanei. Ogni brigata vantava anche reparti di artiglieria a cavallo armata con cannoni da 75 mm; vecchi pezzi russi ricamerati che si dimostrarono sorprendentemente efficaci contro i carri armati.

Fucilone anticarro Maroszek wz. 35

Cannone anticarro Bofors da 37mm

Ogni soldato di cavalleria andava in battaglia armato di un equipaggiamento che includeva una sciabola, una carabina Karabin wz. 98 (abbreviato in Kb wz. 98), una versione polacca del Mauser modell 98, una baionetta, una maschera antigas, una cintura di munizioni, una sacca di alimentazione e una pala da trincea. Sulla carta, una brigata di cavalleria possedeva la stessa potenza di fuoco di un battaglione di fanteria. In pratica, tuttavia, la potenza di fuoco della cavalleria era inferiore a causa del fatto che molti uomini venivano ritirati dalla linea di tiro per servire al governo dei cavalli.

Tutti i reggimenti erano estremamente orgogliosi della qualità delle loro cavalcature e il loro costante mantenimento era il motivo principale per cui la cavalleria assorbiva quasi il 60% del budget della difesa nazionale (con grande risentimento degli altri rami dell'esercito). Sebbene i cavalli fossero molto ben addestrati, le esigenze della campagna di settembre avrebbero rivelato in modo critico quanto fossero fuori posto su un moderno campo di battaglia. Sebbene un cavallo non richieda benzina o manutenzione meccanica, ha bisogno di essere nutrito, abbeverato, curato, ferrato, riposare e curato quando è malato o ferito. Un cavallo spaventa il fante in combattimento, ma non può essere riparato o cannibalizzato per pezzi di ricambio quando viene distrutto ed è particolarmente vulnerabile agli attacchi aerei. Durante gli ultimi giorni della campagna, il gen. Rudnicki si lamentò di come le cavalcature del suo reggimento fossero state ridotte a "scheletri sellati" che, una volta uccisi, venivano rapidamente fatti a pezzi per la carne dalla popolazione polacca affamata.

L'alto comando polacco prevedeva che la cavalleria agisse come una forza d'attacco mobile sfruttando i varchi nelle linee nemiche, determinando le posizioni nemiche e tendendo imboscate e attacchi sui fianchi. Eppure, paradossalmente, quando iniziò la guerra la cavalleria si trovò in una posizione difensiva statica nella linea difensiva iniziale dove aveva poco spazio o tempo per manovrare. Questo perché la strategia difensiva polacca, nome in codice Piano Z, richiedeva che il grosso delle sue forze affrontasse l'attacco tedesco alla frontiera. I polacchi non si facevano illusioni di poter evitare un'invasione per molto tempo e invece speravano di guadagnare più tempo possibile fino a quando i francesi e gli inglesi non avrebbero potuto organizzare un'invasione della Germania da ovest.

Allo stesso tempo, tuttavia, erano determinati a cedere il meno possibile del territorio nazionale duramente conquistato dalla loro nuova repubblica, in particolare nelle regioni industrializzate della Slesia nel sud-ovest. Mentre i tedeschi premevano più forte, i polacchi cercarono di ritirarsi in buon ordine verso il centro del paese dove il fiume Vistola ed i suoi affluenti offrivano barriere naturali di difesa. L'intelligence polacca tra le due guerre era molto buona (i crittografi polacchi decifrarono i codici Enigma tedeschi all'inizio degli anni '30) e il Piano Z stimò correttamente che la principale spinta tedesca sarebbe venuta da sud-ovest. Ciò che non vennero valutate furono la velocità e la forza della blitzkrieg tedesca, la devastazione operata dalla Luftwaffe e la volontà degli alleati di venire in aiuto della Polonia.

Sebbene all'alba della seconda guerra mondiale la cavalleria polacca fosse una delle più numerose al mondo, va notato che praticamente ogni altro paese combattente entrò in guerra con una propria forza di cavalleria, mantenendola per la quasi totalità del conflitto e scrivendo pagine indelebili di eroismo, come quella italiana in Russia ed in Jugoslavia.

Neanche gli osservatori stranieri prebellici erano universalmente critici nei confronti della cavalleria polacca, anzi, molti condividevano la continua fiducia dei polacchi. Poco prima della guerra, l'ambasciatore degli Stati Uniti in Polonia Joseph Drexel Biddle scrisse al presidente degli Stati Uniti Franklin Roosevelt che, avendo visto come la campagna polacca diventava un pantano nelle piogge stagionali, poteva "capire più facilmente perché le autorità militari polacche mantenevano forze di cavalleria eccezionalmente numerose". Un consigliere militare britannico arrivò al punto di elogiare apertamente la cavalleria polacca al Daily Telegraph, sulla base delirante che i veicoli corazzati, a differenza della cavalleria, non potessero combattere di notte. "La cavalleria li assalirà, li sorprenderà", fu scritto. “Li distruggeranno. Ne distruggeranno alcuni e spezzeranno il morale degli altri”.

Alle 0448 del 1 settembre 1939, la vecchia corazzata tedesca Schleswig-Holstein aprì il fuoco sulle posizioni polacche nel porto di Danzica per segnalare l'inizio della guerra più tecnologica mai combattuta. Da ovest, sud e nord, le truppe tedesche si riversarono attraverso il confine polacco sostenute da enormi quantità di carri armati, aerei e automezzi. Gli inglesi e i francesi avevano consigliato ai polacchi di rallentare i loro piani di mobilitazione per non inimicarsi Adolf Hitler; il risultato fu che all'inizio delle ostilità un'ampia percentuale di truppe polacche era ancora in fase di mobilitazione e molte unità erano gravemente sottodimensionate. Poiché l'anno di addestramento della cavalleria si era concluso a settembre, la maggior parte delle brigate era pienamente operativa e la loro presenza si avvertì subito nelle prime ore di combattimento.

A sud di Danzica, nel cosiddetto Corridoio Polacco, l'azione di Krojanty fu solo uno di una serie degli scontri combattuti tra la Brigata Pomorska e la 2a e la 20a Divisione di Fanteria Motorizzata tedesca. La difesa della cavalleria era così vivace che alla fine della giornata la 2a divisione di fanteria motorizzata fu costretta a notificare al suo comandante di corpo, il generale Heinz Guderian, che si stava ritirando. "Sono rimasto senza parole per un momento", ha scritto Guderian nelle sue memorie. "Quando ho riacquistato l'uso della mia voce, ho chiesto al comandante della divisione se avesse mai sentito parlare di granatieri della Pomerania spezzati dalla cavalleria ostile." Il giorno successivo si impegnò a visitare la divisione e a dirigere personalmente il successivo attacco.

Più a sud, nei pressi del villaggio slesiano di Mokra, la Brigata Wolynska (Wołyńska Brygada Kawalerii) si trovò a difendere un fronte di 10 chilometri contro l'attacco della 4a Divisione Panzer; nonostante fosse in grave in inferiorità numerica, la brigata riuscì a respingere i ripetuti attacchi tedeschi. Il comandante della brigata, il colonnello Julian Filipowicz, impiegò al meglio i suoi cannoni Bofors con effetti letali sui mezzi corazzati tedeschi. Sicuramente ne sarebbero stati distrutti altri se la brigata non fosse stata costretta a ritirarsi a causa di sfondamenti sui fianchi. Il 4 settembre, Filipowicz ottenne un altro notevole successo contro le colonne corazzate tedesche quando lanciò con successo un raid sulle linee di rifornimento della 4a divisione Panzer vicino al villaggio di Kamiensk.

A nord, lungo la frontiera della Prussia orientale, la brigata polacca Mazowiecka (Mazowiecka Brygada Kawalerii) si scontrò con la 1a brigata di cavalleria tedesca del colonnello Kurt Feldt, in una delle poche azioni di cavalleria contro cavalleria della guerra. Sebbene la maggior parte dei combattimenti fosse smontata, ci furono incidenti di polacchi e tedeschi che duellavano a cavallo nelle foreste della Masuria proprio come avevano fatto più di 500 anni prima i Cavalieri Teutonici.

Questi successi limitati, sebbene certamente stimolanti, non avevano il peso per alterare il corso della campagna. Pochi giorni dopo l'invasione, l'intero esercito polacco era in piena ritirata verso Varsavia con i panzer tedeschi alle calcagna e la Luftwaffe che seminava il caos dall'aria. Tuttavia, anche in questi giorni oscuri, vi furono numerosi esempi di unità di cavalleria che mostrano un'incredibile professionalità e risolutezza, nonostante subissero percentuali di perdite ragguardevoli.

Durante la battaglia del fiume Bzura, durata una decina di giorni, le brigate Wielkopolska e Podolska guidarono un contrattacco contro l'30a divisione di fanteria tedesca che dovette ritirarsi e riconquistarono un certo numero di città e villaggi chiave.

I cavalieri inzaccherati di Anders si impegnarono a cantare con aria di sfida mentre cavalcavano le loro emaciate cavalcature attraverso folle di profughi in fuga, e nella Varsavia assediata, Rudnicki dovette convincere alcuni dei suoi ufficiali a non condurre sortite finali suicide per preservare l'onore dei loro reggimenti.

“La cavalleria polacca ha attaccato eroicamente; in generale, il coraggio e l'eroismo dell'esercito polacco meritano grande rispetto", ha scritto il Generalfeldmarschall Gerd von Rundstedt, comandante del Gruppo d'armate Sud. Il generale maggiore Kurt Meyer delle Waffen SS fu d'accordo, aggiungendo: “Non sarebbe giusto da parte nostra negare il coraggio delle forze polacche. Le battaglie lungo la Bzura furono combattute con grande ferocia e coraggio”.

Non sorprende che le unità di cavalleria che combattevano vicino a Lublino furono tra le ultime truppe polacche ad arrendersi il 6 ottobre. A questo punto i sovietici avevano invaso da est, Varsavia era in mano tedesca e la Polonia era nuovamente scomparsa dalla mappa dell'Europa. Con esso è scomparsa la tradizione senza tempo del cavaliere polacco.