K.u.K. Panzerzug
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L'esigenza di effettuare perlustrazioni in profondità lungo le linee ferroviarie durante l'evacuazione della Galizia sotto la pressione russa nel 1914, portò l'Imperiale e Regio Esercito Austro-Ungarico (Kaiserliche und Königliche Armee abbreviato in K.u.K.) a predisporre treni atti allo scopo con l'immediata corazzatura leggera di alcune locomotive. La necessità seguente di fornire alle pattuglie in perlustrazione un'adeguata protezione portò poi all'aggiunta di vagoni leggermente protetti a bordo dei quali gli uomini potessero sentirsi abbastanza sicuri.

Sulla base di queste prime esperienze furono in seguito costruiti i primi due treni blindati Mod. 1914, i Panzerzug I e II.

Tali convogli erano costituiti da una serie di vagoni corazzati, con feritoie per fucilieri e mitraglieri, preceduti da un vagone dotato di un pezzo frontale con limitatissimo brandeggio orizzontale, uno Skoda da 70/32, e da due pezzi laterali da 47 mm., uno per fiancata. Le mitragliatrici erano in numero variabile da due ad otto.

Con il procedere della guerra furono inoltre allestiti altri sette treni blindati, i Panzerzug, III, IV, V, VI, VII, VIII e IX. Questi erano invece costituiti da un numero variabile di vagoni mitraglieri (due o tre) dotati anche di botole sul tetto per l'impiego di mitragliatrici su affusto contraereo, e da due vagoni dotati di torre con pezzo Skoda da 70/32 ruotante per 270° e posti di solito uno in testa ed uno a metà del convoglio.

Il movimento dei convogli era assicurato da locomotive ungheresi MÁV 377 blindate. Il personale di ogni treno era costituito da 1 o 2 ufficiali, da 10 sino a 60 soldati di fanteria, oltre a da 5 a 16 soldati del genio ferrovieri per la conduzione tecnica del treno, ed ogni treno blindato era a disposizione di un'armata o di un corpo d'armata.

Composizione di Panzerzug della seconda generazione

Le azioni belliche a cui presero parte questi treni furono molte ed importanti; essi operarono inizialmente e molto bene nella difesa dei Carpazi durante tutto il 1914 ed il 1915, quindi agirono con successo sul fronte italiano dell'Isonzo e nel 1916 in Galizia e in Transilvania contro i russi, i rumeni ed i serbi.

Sul fronte italiano operò con successo il Panzerzug II al comando del tenente Bernhard Scheichelbauer, ufficiale proveniente dallo storico reggimento K.u.K. IR 4 “Hoch und Deuschmeister”, le cui azioni si svolsero quasi sempre lungo la Ferrovia Transalpina, che da Gorizia risaliva il fiume Isonzo verso l'Austria.

Il Panzerzug II

Conosciamo quella del 9 giugno 1915: il Panzerzug II lasciò la sua base di Prevacina, attraversò la stazione di Gorizia e iniziò a risalire l'lsonzo. Giunto all'altezza di Zagora, il convoglio fece sosta nel tunnel Babinrub, mentre i soldati del genio ferrovieri dell'equipaggio provvedevano a riparare l'interruzione ferroviaria predisposta dai soldati italiani. Ripristinata la linea, alle prime luci del 10 giugno il treno giunse a piena velocità a Prilesje, alle spalle dei genieri italiani che costruivano il ponte di barche e dei reparti di fanti che attendevano di attraversare l'lsonzo, sparando con tutte le armi di bordo. Seminato il panico e la distruzione, il treno iniziò una velocissima ritirata verso Gorizia.

Il 13 giugno il Panzerzug II cercò di ripetere la fortunata incursione a Plava, ma la vigilanza molto più attenta delle truppe italiane fece fallire l'azione Per evitare il ripetersi di simili attacchi il comando italiano aveva fatto costruire immediatamente un robusto sbarramento difensivo per interrompere la linea ferroviaria. Alle prime luci del 14 giugno il treno corazzato sostava ancora nel tunnel Babinrub e il comandante del treno, vedendo l'impossibilità di avvicinarsi alle linee italiane, ordinò il ritorno alla base.

Il Panzerzug II durante una ispezione

Ma forse la più conosciuta fu l'ardita incursione svolta con l'intento di alleggerire la pressione italiana contro il villaggio di Zagora dove un reparto mitraglieri italiani si era attestato all'interno della galleria ferroviaria di Babinrub sulla destra dell'Isonzo, sita proprio di fronte al villaggio, ne aveva murato lo sbocco settentrionale e da lì bloccava col fuoco delle sue armi i movimenti dei difensori della 1^ Gebirbrigade del gen. Novak Von Arienti che erano a meno di cento metri di distanza sulla riva opposta. Nei giorni precedenti l’azione reparti bosniaci del genio, con il favore delle tenebre, ripararono la linea ferroviaria fino nei pressi dell’osteria di Dolga Njiva, mascherando le riparazioni con pietrisco ed altro materiale, in questo punto sarebbe stato predisposto il punto d’arresto che avrebbe protetto la ritirata del treno dopo l’azione.

La galleria Babinrub sulla riva destra dell'Isonzo in tre foto, ieri e oggi

La notte tra l'11 ed il 12 di settembre 1915 il treno blindato lasciò il riparo, varcò l'Isonzo sul ponte di Salcano e si diresse verso nord, con aggiunto in testa al treno un carro pianale di materiale ferroviario con uomini del genio per riparare gli ultimi tratti di binario danneggiato che si potevano trovavano da Dolga Njiva alla galleria Babinrub. Superato il Monte Sabotino il treno fu avvistato dalle sentinelle italiane che aprirono il fuoco, senza però riuscire a fermarlo.

Mappa della zona in cui avvennero le azioni

Il treno comparve quindi all'imbocco della galleria e gli italiani lo accolsero con un nutrito tiro di fucileria che nulla poteva contro le blindature; i cannoni iniziarono a sparare portando lo scompiglio fra gli italiani che fuggirono dall’altra uscita. Nel combattimento che ne seguì, i fanti usciti dai vagoni catturarono 10 prigionieri e diverso materiale fra cui due mitragliatrici e molte munizioni.

Il punto d’arresto che era stato predisposto a Dolga Njiva resistette, era presidiato dai fanti del III battaglione del 1° reggimento di fanteria della Bosnia Herzegovina, che erano stati richiesti specificatamente dal tenente Scheichelbauer per quel gravoso compito per la loro incondizionata affidabilità e coraggio. Il treno blindato riuscì a percorre anche il tragitto di ritorno, a giorno ormai avanzato potendo così tornare al suo riparo in Gorizia.