Giarabub
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La sagra di Giarabub

 

L’oasi di Giarabub, a circa 300 km dalla costa segnati da incerte piste, è formata da palme, orti e pozze d’acqua in una larga fenditura del deserto. Si trova su di un crocevia di piste che conducono a Bir el Gobi, Bir Tengeder e alle oasi di Gialo ed Augila in Libia e all’oasi di Siwa in Egitto. A 4 km dall’oasi vi era una pista d’aviazione.

La frontiera, dal mare verso l’interno, era ripartita, nel 1940, in due settori difensivi: Amseat (Capuzzo) e Giarabub; il primo comprendeva i presidi di Sidi Omar, Sceferzen e Maddalena, il secondo Uescechet el Eira, Garn ul Grein e Barra Arrascia. I presidi erano formati da plotoni mitraglieri libici mentre al comando di settore vi erano due compagnie libiche con pattuglie su automezzi leggeri armati adibite al pattugliamento del settore. Il comando era esercitato da ufficiali italiani. La difesa del settore era basata sulla resistenza in posto dei presidi e sulla sorveglianza mediante pattuglie mobili. Nei mesi antecedenti lo scoppio delle ostilità venne dato notevole impulso alle opere di fortificazione.

L'oasi di Giarabub ripresa dall'alto da un nostro bombardiere SM 79

Allo scoppio della guerra la vita dell’oasi si era trasformata: i civili vennero sgomberati, la moschea e la tomba del fondatore della setta religiosa dei "senussiti", che caratterizzavano l’oasi di Giarabub, erano deserte, senza pellegrini; il presidio militare si era accresciuto, ovunque erano sorte postazioni di mitragliatrici, fossi anticarro, reticolati, capisaldi, posti di osservazione ed opere campali. La "ridotta Marcucci", costruita ai tempi delle lotte italo-turche (1915-1923) era stata sgomberata poiché facilmente vulnerabile ed adibita a servizi.

Parimenti erano stati rinforzati i posti di osservazione ed attesa e quelli di sbarramento sulle piste. Il comandante del presidio era il colonnello Salvatore Castagna, ufficiale esperto di comando di truppe libiche.

Nei primi giorni di guerra i presidi nel settore Capuzzo furono attaccati da autoblindo inglesi. L’oasi venne attaccata per la prima volta il 14 giugno da un bombardiere inglese che colpì le installazione del campo di aviazione ma che rimase a sua volta colpito ed abbattuto dal fuoco contraereo. Il 16 giugno inizio l’attacco terrestre contro i primi presidi del settore di Giarabub ma la resistenza sul posto e le autocolonne di rinforzo sventarono queste prime attività nemiche.

La conquista di alcuni posti di presidio lungo la costa tagliò i rifornimenti via terra e il 19 giugno l’oasi subì un attacco che investì un posto di osservazione.

Fino al 30 giugno, autoblindo e truppe autotrasportate si accanirono contro i posti di osservazione della cinta difensiva perimetrale dell’oasi; ammirevole fu il comportamento dei soldati libici che, privi di armamento anticarro, assalirono i mezzi blindati con bombe a mano e bottiglie incendiarie, immobilizzandone alcuni.

Soldato inglese mostra due bottiglie incendiarie italiane

All’inizio di luglio gli Inglesi si ritirarono nella base dell’oasi di Siwa; l’accerchiamento al presidio era rotto e potevano arrivare le colonne di rifornimento che, molto graditi dagli uomini, portarono anche 4 pezzi anticarro da 47/32. Da luglio a settembre l’attività inglese fu ridotta mentre da parte italiana ci si sforzò il più possibile di migliorare le sistemazioni difensive, dopo le esperienze maturate durante i primi combattimenti. Nel mese di settembre vennero ricostruiti i posti di frontiera sopraffatti durante il primo attacco ed in essi vennero rinforzate le difese.

Lungo tutta la frontiera in ottobre cominciarono i preparativi per l’offensiva e, a Giarabub si pensò di operare contro l’oasi di Siwa ma, fino a dicembre, i mesi trascorsero senza problemi, con le truppe impegnate a rinforzare le sistemazioni difensive. A movimentare il settore vi fu, il 2 novembre, l’avvicendamento dei reparti CC.NN. con quelli della G.a.F. ai vari presidi. Il nemico fece qualche puntata notturna e si limitò a mantenere un controllo aereo del settore.

L’8 novembre venne effettuato dagli italiani un pesante bombardamento aereo sull’oasi di Siwa, in risposta ad un raid britannico contro l’oasi di Augila, e questo diradò gli interventi aerei inglesi. Per tutto il periodo si verificarono scontri tra le colonne dei rifornimenti italiane scortate da veicoli armati e tra le autoblindo inglesi che si infiltravano tra i posti di frontiera per sconvolgere le comunicazioni.

Quando gli Inglesi iniziarono l’offensiva "Compass" a Sidi el Barrani il 10 dicembre 1940, tutti i posti di frontiera vennero investiti ma le puntate delle autoblindo furono respinte, il 14 dicembre gli Inglesi circondarono il presidio di Garet el Grein per controllare i movimenti sulle piste per Bir el Gobi e tagliare fuori i presidi di Maddalena e Sceferzen. Prontamente da Giarabub venne inviata una colonna celere con 2 cannoni da 47/32 e 2 mitragliere da 20 mm con un plotone di libici; con il concorso aereo l’accerchiamento al presidio fu rotto.

Ma la situazione stava divenendo critica; il 16 dicembre venne disposto il ripiegamento dei presidi di frontiera a sud di Sceferzen su Giarabub.

Tale ripiegamento di uomini e materiali di uomini e materiali venne compiuto nei due giorni successivi con movimenti notturni per non essere intralciati dagli Inglesi. Nonostante uno scontro con le autoblindo inglesi e una diversione fuoripista nel deserto, tutte le colonne giunsero a Giarabub.

L’oasi aveva raccolto tutti gli italiani in un raggio di 200 km.

Con il ripiegamento, la forza dell’oasi raggiunse i 1350 soldati italiani a cui si aggiungevano gli 800 libici. Incominciavano a farsi sentire i problemi viveri, acqua e munizioni poiché l’ultimo rifornimento via terra era giunto il 4 dicembre. Viveri e acqua subirono una riduzione nelle razioni, per le munizioni vi era una certa abbondanza, ma solo il razionamento evitò crisi.

Al 20 dicembre la dislocazione dei reparti era la seguente:

bulletPosti di osservazione di Melfa, Barra Arrascia, el Aamra e Baharia: una squadra di automitragliatrici caduno;
bulletPosti di sbarramento:
bulletGaret el Barud: due plotoni libici ed 1 cannone da 47/32;
bulletGaret el Cuscia e Garet el Nuss: un plotone mitragliatrici caduno;
bulletGara del Diavolo: due mitragliatrici e 1 mitragliera da 20 mm.
bulletPosizione di resistenza: sei capisaldi con una compagnia caduno (4 G.a.F. e 2 libiche) con 3-4 pezzi cadauno tra cannoni da 47/32 e mitragliere da 20 mm;
bulletRincalzo di settore: 2 compagnie libiche;
bulletArmi a disposizione delle colonne celeri: 2 cannoni da 47/32 e 2 mitragliatrici da 20 mm;
bulletDifesa del campo di aviazione: 2 mitragliere da 20 mm e due mitragliatrici;
bulletArtiglierie: 1 batteria da 77/28 e 2 cannoni da 65/17.

Nell’ultima decade del dicembre 1940 furono ulteriormente rinforzate tutte le posizioni, i camminamenti, i ricoveri ed i reticolati, ma l’attività inglese aumentò notevolmente. In tutti i giorni, anche a Natale, truppe autotrasportate inglesi appoggiate da autoblindo, artiglierie ed aviazione, attaccarono i posti di sbarramento. In taluni casi le posizioni furono perse e riconquistate grazie all’intervento di colonne celeri armate con cannoni da 47/32 e mitragliere da 20 mm. Il posto di Melfa, facilmente aggirabile, fu arretrato ad al Fachri mentre a Garet el Barud, punto chiave della difesa perimetrale di Giarabub, furono infittiti i campi minati con bombe di aereo a tal scopo adattate, essendo privo il presidio di mine. Qui il terreno era favorevole agli attaccanti poiché lo sforzo veniva esercitato dall’alto verso il basso e, superato un gradino roccioso, vi era un terreno pianeggiante privo di ostacoli fino alla pista di aviazione, unica fonte di rifornimento del presidio.

Il 28 dicembre durante un’azione, fu fatto prigioniero un sergente della 6a divisione australiana e inviato, via aereo, a Bengasi. Carte in suo possesso rivelarono l’entità delle forze contrapposte agli italiani: una divisione australiana rinforzata da autoblindo ed artiglieria.

L’ultimo giorno dell’anno gli Australiani rinnovarono l’attacco sul Garet el Barud. Lo scontro durò per tutto il giorno ed alla fine l’attaccante fu respinto. Fu anche catturato un autocarro Ford in ottimo stato che fu subito riutilizzato.

Il 1940 si chiuse così felicemente per il presidio che, in oltre sei mesi di lotta contro un nemico sempre superiore per uomini e mezzi, mai era stato battuto.

In questo periodo il rifornimento fu assicurato per via aerea. Ma batterie d’artiglieria Australiane opportunamente ubicate colpivano il campo e resero tale soluzione sempre più rischiosa. Una colonna inviata via Gialo-Bir Tarfaui fu avvistata ed attaccata dall’aviazione inglese e si disperse. L’ultimo aereo che arrivò e riparti da Giarabub fu il 9 gennaio.

Anche l’artiglieria divenne più pericolosa e solo l’avanzamento di un pezzo da 77/28 e l’azione di colonne celeri dotate di cannoni da 47/32 riuscì a far arretrare i pezzi australiani.

In questo periodo, con un lancio di volantini, fu intimata per la prima volta al presidio la resa.

Lungo la costa l’avanzata inglese sembrava inarrestabile mentre nell’interno si bloccava di fronte a Giarabub che costituiva una spina nel fianco per gli Inglesi.

Nella seconda metà di gennaio venne continuato ed intensificato il martellamento dell’artiglieria sui posti di sbarramento e sui caposaldi dell’oasi.

Le notizie sugli sviluppi dei combattimenti lungo la costa incrinò il morale dei soldati libici, preoccupati per le loro famiglie. A ben poco valsero le parole rassicuranti dei loro comandanti.

Ai problemi dei rifornimenti si aggiunse l’isolamento radio che colpì Giarabub in quel periodo. Solo il 9 febbraio potè essere ristabilito un collegamento via Cufra. Questo il messagio inviato dal Comando di Tripoli a Giarabub:

"… Non abbiamo più possibilità di rifornirvi. Resistete fino a quando avrete viveri, e dopo arrendetevi chiedendo l’onore delle armi, che, dopo una sì lunga ed eroica resistenza, non potrà esservi negato. …"

Il messaggio ebbe chiaramente effetto negativo sul morale delle truppe ma l’attimo di scoramento fu superato per far fronte alla realtà.

A fine febbraio fu rivista la sistemazione difensiva. Continuarono i tentativi australiani di perforare la linea di resistenza esterna. Si rinnovarono gli attacchi ai posti di sbarramento che furono persi e riconquistati con il deciso intervento delle colonne celeri che, con il loro fuoco, fecero sempre indietreggiare il nemico.

Le comunicazioni radio venivano ora effettuate di notte direttamente con Tripoli (Cufra era caduta ai primi di marzo) e il 17 febbraio venne comunicato che si stava studiando delle possibilità di rifornire il presidio. Si può solo immaginare l’effetto della notizia su uomini che vivevano con razioni più che dimezzate e con acqua salmastra purificata.

Il 25 febbraio erano rimasti viveri per una giornata ma il 27 arrivarono via aerea viveri e posta, il che allietò non poco il morale della guarnigione.

Il 2 marzo venne rinnovata dagli Inglesi l’offerta di resa.

Il 17 marzo arrivò un messaggio di Rommel:

"Invio il mio saluto ed i sensi della mia stima e ammirazione agli eroici difensori di Giarabub. Continuate a lottare strenuamente, tra pochissime settimane saremo tra voi".

La speranza in fondo ai cuori era diventata realtà. Ma purtroppo la fine era vicina.

Il 18 marzo tutti i posti di osservazione furono attaccati e le artiglierie battevano tutti i movimenti delle colonne celeri.

La pressione maggiore era esercitata su Garet el Cuscia e Garet el Nuss.

Il giorno dopo gli uomini del posto di sbarramento di Garet el Nuss attaccatti, ripiegarono su Giarabub; era quella la puntata più pericolosa.

Vennero tolte le limitazioni all’uso di munizioni e a tutti gli uomini fu richiesto, nell’ora decisiva, il supremo sforzo.

Così terminò il discorso del colonnello Castagna:

"… Non ammetto nessuna resa. Lotteremo, se sarà necessario, sino all’estremo sacrificio. A Giarabub si vince o si muore".

Ovunque gli Australiani si avvicinavano alla linea di difesa interna dell’oasi e, in un tratto, dove si era insabbiato il reticolato, enttrarono nel perimetro difensivo.

Nella notte fu sferrato un contrattacco, appoggiato dai pochi pezzi di artiglieria rimasti e, con bombe a mano e baionette, il nemico fu rigettato all’esterno e il perimetro di difesa ripristinato.

Il giorno successivo vide una intensa attività d’artiglieria ed i difensori ebbero distrutto l’unico pezzo rimasto da 65/17; rimanevano due cannoni da 77/28 con poche munizioni. Come per il giorno precedente, l’intenso ghibli limitò l’azione con continui inceppamenti delle armi e sconvolgimento delle opere campali.

Il 21 marzo alle 5.00 si riversò sui difensori un intenso fuoco d’artiglieria e 45 minuti dopo ebbe inizio un furioso assalto di fanteria.

Tutte le difese reagirono ma le infiltrazioni nemiche tra le varie postazioni avevano spezzato in più punti la linea di resistenza, obbligando i difensori a combattere isolatamente.

Tutti i difensori lottarono aspramente sino ad opporsi agli attaccanti con la baionetta ma ad uno ad uno i capisaldi caddero.

Più volte furono lanciati contrattacchi con i rincalzi ma, nonostante il valore degli uomini, la morsa non venne allargata. Tutti i difensori si comportarono ammirevolmente.

Durante le ultime fasi del combattimento un aereo tedesco sorvolò l’oasi ed esegui azioni di mitragliamento.

Vi furono anche morti nelle infermerie e nell’ospedaletto da campo interno all’oasi.

Nell’ultimo combattimento caddero complessivamente 500 soldati italiani e libici tra morti e feriti, a testimonianza dell’asprezza della lotta.

 

 

Bibliografia

Salvatore Castagna - La difesa di Giarabub - Longanesi & C.

Mario Montanari - Le operazioni in Africa Settentrionale vol. I - Sidi El Barrani (giugno 1940 - febbraio 1941) - Uff. Storico Stato Maggiore Esercito